Prima gli etruschi, poi i romani
Fregene prima etrusca e poi romana, scompare prima del V sec.
d. C. dietro l’incalzare della malaria, causa l’impaludamento del
retroterra. Ma la decadenza già era iniziata con l’insabbiamento
del porto che gli Etruschi avevano costruito sull’Arrone. La località
deriva il suo nome molto probabilmente da un insediamento di mercanti
originari della Frigia, le cui navi facevano rotta verso la zona
mineraria di fronte all’isola d’Elba. Procedendo sottocosta, i naviganti
potevano disporre ogni tanto di un porto in cui rifugiarsi in caso
di tempesta. Tra Fiumicino e Civitavecchia ce n’erano ben cinque
di questi scali marittimi, tra cui quello di Fregene. Circa la localizzazione
della Fregene etrusca, probabilmente bisogna risalire di qualche
chilometro il corso dell’Arrone, tenuto conto che allora questo
fiume era navigabile per un lungo tratto. Per quanto riguarda, invece,
la Fregene romana, non c’è dubbio che si trovava nella zona di Maccarese
oggi denominata Primavera, dove sono stati trovati numerosi reperti
e perfino una necropoli risalente al primo sec. dell’era volgare.
Quand’è che i romani decisero di trasferire una colonia a Fregene?
Per gli storici latini ciò avviene nel 245 a.C., vale a dire vent’anni
dopo la prima guerra punica. Sta di fatto che, mentre per l’etrusca
Veio, che aveva la giurisdizione su Fregene, l’interesse era di
natura commerciale (disporre di un porto per l’ esportazione nelle
colonie greche dell’Italia meridionale del sale prodotto a Camposalino),
per i romani si trattava di costituire un avamposto militare a difesa
della costa, misura quanto mai opportuna data la rivalità con Cartagine.
Superfluo osservare che con la costruzione del grande scalo marittimo
a Porto (Fiumicino), le cose cambiano per Fregene, la cui importanza
ormai risiede in alcune ville sorte sulla riva del mare per iniziativa
di alcune famiglie patrizie di Roma. Residenze che in seguito dovranno
essere abbandonate, causa l’insalubrità del luogo.
Dal Lido di Diana alla Fregene moderna
Padrona del posto resta una fauna varia e ricca che esercita
un forte richiamo su chi pratica la caccia. E, in omaggio alla dea
protettrice di questa attività, alla zona viene attribuita la denominazione
di Litus Dianae, Lido di Diana. Per tutto il medioevo e fino al
secolo scorso Fregene non è altro che la zona costiera della tenuta
di Maccarese. Rinasce come città moderna quando un gruppo di operatori,
venuto a conoscenza della bonifica imminente, decide di acquistare
la pineta con i terreni che si affacciano sul mare scorporandoli
dalla tenuta di Maccarese che è proprietà dei Rospigliosi. Lo scopo
dichiarato è quello di costruire su di essi "una decorosa stazione
balneare e climatica con alberghi, stabilimenti e villini". Ma le
cose non vanno nel senso desiderato e la società fallisce intorno
al 1930, passando armi e bagagli alla Banca d’Italia con cui aveva
debiti da ,saldare.
Gli anni del mito
E’ in questa fase (la vegetazione stupenda, i villini ancora pochi)
che la nobiltà romana al completo scopre Fregene e la frequenta
dandole lustro e notorietà. Più avanti, tra gli anni Cinquanta e
Sessanta, sarà il cinema a rinverdire il mito di Fregene. Molti
i cineasti che ci vengono ad abitare. Mentre Federico Fellini con
Lo sceicco bianco, La dolce vita e Giulietta degli spiriti esporta
ovunque le suggestive immagini della pineta che papa Clemente IX
aveva fatto piantare nel 1666 con lo scopo di far assorbire l’acqua
che stazionava in superficie.
Le ombre del presente
Nel frattempo il comprensorio era passato (1952) per 540 milioni
dalla Banca d’Italia alla società Financo, che, in base a una convenzione
con il Comune di Roma, avrebbe dovuto realizzare i servizi essenziali
(strade, fognature, acqua potabile, illuminazione pubblica) in cambio
delle licenze di costruzione. Ma nel 1983 l’accordo entra in crisi
per iniziativa delle forze ambientaliste che denunciano un’eccessiva
distruzione del verde. E comincia una storia infinita. Il Comune
di Fiumicino, che subentra nel 1992 a quello di Roma, ridisegna
il piano di lottizzazione e riscrive la convenzione con la società
proprietaria dei terreni. Ma alla Regione il piano non piace e si
ferma tutto. Le strade non vengono riparate, il lungomare non viene
costruito. E avanza il degrado.Per la pineta, invece, parte un progetto
di recupero in seguito alla sua acquisizione da parte del comune
(fino al 2001 apparteneva alla società lottizzatrice). Sarà sufficiente
che si faccia lo stesso con le strade perché Fregene riacquisti
il suo fascino